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14/12/14

LA MANO DEL DIAVOLO E LA LEGGENDA DEL CAVALIERE

 


Anno del Signore 1686. È Pasqua e a corte si festeggia, mentre le mura del castello già trasudano tragedia. Nel maniero incastonato nella roccia di Pentidattilo, dalle caratteristiche cinque dita alzate al cielo, stava infatti, per consumarsi quella che è passata alla storia come “strage degli Alberti”. La sciagura della notte del 16 aprile 1686 causata, pare, da un amore negato e da un tradimento che si trasformò in un bagno di sangue, ha circondato l’atmosfera ovattata e quasi fiabesca della montagna reggina di un fitto alone di mistero, destinato a perdurare fino a giorni nostri.
La causa ufficiale fu proprio l’annuncio delle nozze combinate da Lorenzo Alberti, marchese di Pentidattilo, tra la sorella Antonia e il cognato Petrillo Cortes. La notizia giunse alle orecchie del barone Bernardino Abenavoli, che amava segretamente la marchesina. Colpito da un’accecante gelosia, il signore di Montebello tramò subito vendetta e nella notte del 16 aprile, con la complicità di uno dei servitori, si introdusse furtivamente nel castello con una banda di scherani.
Nel breve volgere di pochi lugubri istanti, agghiaccianti urla di terrore lacerarono il buio di quella sciagurata notte. Sotto i colpi del barone e dei suoi accoliti caddero il marchese Lorenzo, la madre Maddalena, la sorella Anna, il piccolo fratello Simone e, nella precipitosa ritirata che culminò col rapimento di Antonia e Don Petrillo, persino alcuni ospiti innocenti. La caccia ai colpevoli portò alla cattura di sette esecutori della strage, le cui teste, dopo essere state recise, furono appese ai merli del castello. Il barone, invece, era scomparso nel nulla. Pare che lo stesso finì per arruolarsi nell’esercito imperiale austriaco morendo in battaglia col grado di capitano, mentre Antonia si spense pochi anni più tardi nel convento di clausura di Reggio Calabria, consumata dal dolore
E siccome storia e fantasia popolare si intrecciano inevitabilmente, la terribile vicenda ha consegnato il quieto paesino alla leggenda. Si racconta, infatti, che quando Lorenzo Alberti fu colpito a morte dal barone, poggiò la mano alla parete, lasciando l'impronta delle cinque dita insanguinate, e che questa sia tuttora visibile nella rupe di Pentidattilo quando, nel chiarore dell’aurora, le pareti di roccia colpite dal sole si colorano di rosso. Per questo motivo Pentidattilo viene indicata come “la mano del Diavolo" e si narra che nelle sere d’inverno, quando il vento s’alza tra le gole della montagna, interrompendo col suo sibilo il silenzio della solitudine, si riescono ancora a sentire le urla di rabbia e di dolore del marchese. Nel corso dei secoli, svariate leggende nacquero intorno alla musa dalle cinque dita alzate al cielo, le cui grandi rocce di arenaria, illuminate dalla luce rossa dell’aurora sembrano veramente i segni terreni lasciati da un intervento divino. Narrano gli antichi che sull’imponente roccia a forma di mano aleggia il mistero di una maledizione destinata ad abbattersi sul paese e a distruggerlo completamente.
La ragione di questa profezia, tramandata nei racconti popolari, fu proprio l’enorme violenza scaturita dalla strage: la rupe a forma di gigantesca mano si sarebbe abbattuta sugli uomini per punirli di tutto il sangue versato e per vendicare i morti innocenti di quella triste vigilia di Pasqua del 1686. Secondo un’altra leggenda esisterebbe, invece, un tesoro, frutto delle diverse ricchezze accumulate dalle popolazioni che nella storia occuparono il paese, nascosto dagli Abenavoli, vecchi proprietari del feudo di Pentidattilo, proprio al centro della montagna. Pare che dopo il tragico conflitto tra le due famiglie di questa immensa ricchezza si persero le tracce. Fin quando, un giorno, un fantasma svelò a un cavaliere di passaggio che se fosse riuscito a fare cinque giri intorno alle dita della montagna, che allora erano perfettamente allineate, su un piede solo, questa si sarebbe aperta facendo riemergere il tesoro. La notizia si diffuse velocemente e in molti azzardarono l’impresa, ma invano. Un dì un cavaliere giunto appositamente dalla Sicilia riuscì a compiere ben quattro giri attorno alla mano, e la montagna cominciò ad aprirsi, ma al compimento del quinto passaggio, quello riferibile al dito mignolo, un intero costone della mano crollò sul cavaliere, uccidendolo. Anche questi avvenimenti contribuirono a far definire Pentidattilo come un luogo maledetto. Ed ancora oggi, nelle notti rischiarate dalla luce argentea della luna, la gente giura di udire dei lugubri lamenti provenire dall’alto della montagna: sono i morti che dall’aldilà chiedono di essere vendicati.

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