Dagli anni ’60 i libri di von Däniken disseminano bufale archeologiche nel grande pubblico: ecco il caso delle gigantesche statue dell’isola di Pasqua
La civiltà che popolava Rapa Nui, scoperta il giorno di Pasqua del 1722 dall’esploratore olandese Jacob Roggeveen, fa ancora discutere gli studiosi a causa della sua improvvisa scomparsa, ma tutti concordano su un semplice dato di fatto: quella dei contatti alieni è sempre stata una bufala.
Come tale, questa ipotesi è da sempre coccolata da trasmissioni pseudo-documentaristiche come il nostrano Voyager della Rai e il famigerato Enigmi Alieni(Ancient Aliens) di History Channel, ma l’uomo che diede inizio a questo e molti altri miti pseudoarcheologici è stato lo scrittore svizzero Erich von Däniken.
Un bugiardo patologicoPrivo di qualunque formazione in storia e archeologia (e in qualunque altro campo accademico) von Däniken nel 1968 pubblicò il suo best-seller Gli extraterrestri torneranno? Il libro è stato seguito nel 1970 da Noi extraterrestri, scritto mentre l’autore si trovava in carcere per truffa e appropriazione indebita ai danni degli hotel che aveva gestito negli anni precedenti. Uno psichiatra in quel processo lo definì un bugiardo patologico e in effetti si può trarre la stessa conclusione leggendo i suoi libri sugliantichi astronauti, idea tra l’altro plagiata dal libro Il Mattino dei Maghi (1960) dei francesi Louis Pauwels and Jacques Bergier.
Nei suoi capolavori da auto-grill l’autore argomenta che imo’ai, le iconiche statue in tufo dell’isola di Pasqua erette in onore degli antenati, sarebbero un manufatto alieno. Infatti, nella narrativa imposta da von Däniken al lettore, le antiche civiltà non sarebbero state in grado di realizzare strutture complesse come le piramidi, le linee di Nazca o il complesso di Stonehenge: in tutti i casi o erano stati degli alieni, o questi ultimi avevano ispirato la realizzazione delle opere e/o fornito le tecnologie necessarie.
La spiegazione dei mo’ai che von Däniken offre in Noi extraterrestri , frutto di ben dieci giorni di ricerche sull’isola è la seguente:
“Un piccolo gruppo di esseri intelligenti si è arenato sull’Isola di Pasqua per un’avaria. Il gruppo arenato aveva grandi conoscenze, armi molto avanzate e conosceva un metodo per lavorare la pietra a noi sconosciuto. Gli stranieri sperarono che qualcuno li cercasse, li trovasse e li soccorresse, ma la terraferma più vicina era distante 2.500 miglia. [...] La vita sull’isola diventò noiosa e monotona, gli sconosciuti cominciarono a insegnare ai nativi le basi del linguaggio; raccontarono loro di altri mondi, stelle e soli. Forse per lasciare ai nativi una durevole memoria della loro permanenza, ma anche come segnale agli amici che li stavano cercando, gli stranieri estrassero una statua colossale dalla pietra. Poi fecero molti altri giganti di pietra che posizionarono su piedistalli di pietra sulla costa in modo che fossero visibili da lontano”.
Cosa dice l’archeologia
Sorvolando sull’assurdità degli alieni che ci insegnano a parlare e che sperano in un soccorso dal mare (!), a demolire questa teoria degli astronauti annoiati sono i dati dell’archeologia sperimentale. Gli studiosi, quelli veri, hanno dimostrato ampiamente che è possibile scolpire il tufo e trasportare le statue realizzate fuori dalla cava dell’isola usando la tecnologia e la forza-lavoro che erano disponibili su Rapa Nui tra il 1200 e il 1500 d.C.. Nel video seguente, per esempio, poche decine di persone sono sufficienti a spostare una replica di mo’ai di cinque tonnellate, senza neanche un piccolo ufo ad aiutarli…
Sorvolando sull’assurdità degli alieni che ci insegnano a parlare e che sperano in un soccorso dal mare (!), a demolire questa teoria degli astronauti annoiati sono i dati dell’archeologia sperimentale. Gli studiosi, quelli veri, hanno dimostrato ampiamente che è possibile scolpire il tufo e trasportare le statue realizzate fuori dalla cava dell’isola usando la tecnologia e la forza-lavoro che erano disponibili su Rapa Nui tra il 1200 e il 1500 d.C.. Nel video seguente, per esempio, poche decine di persone sono sufficienti a spostare una replica di mo’ai di cinque tonnellate, senza neanche un piccolo ufo ad aiutarli…
Nonostante la loro popolarità, di misterioso sui mo’ai rimane ben poco. Come spiega l’archeologo Keith Fitzpatrick-Matthews sul suo blog Bad Archeology
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