I teorici degli Antichi Astronauti ci hanno proposto la possibilità estrema che una specie intelligente aliena abbia visitato il nostro pianeta migliaia di anni fa e che abbia in qualche modo modificato il nostro codice genetico, facendo compiere al genere homo un salto evolutivo che avrebbe richiesto milioni di anni. Ora, un ecologista statunitense in un nuovo libro avanza un’ipotesi ancora più ardita: gli esseri umani non proverrebbero affatto dalla Terra, ma si sarebbero sviluppati su un altro pianeta e poi trasportati qui. Le prove? Alcune nostre caratteristiche fisiologiche che mal si adattano al pianeta Terra.
Il dottor Ellis Silver è un ecologista attualmente impegnato nello sforzo di ripulire i detriti di plastica che affliggono l’Oceano Pacifico.
Nel suo ultimo libro “Humans are not from Earth: a scientific evaluation of the evidence”, il ricercatore propone una teoria sulla provenienza della razza umana davvero al confine con la fantascienza, in quanto ritiene che gli esseri umani potrebbero non essere originari della Terra, ma essere stati ‘portati’ dall’esterno decine di migliaia di anni fa.
A sostegno della sua tesi, Silver offre alcuni argomenti basati sulla fisiologia umana che secondo lui fanno pensare che gli umani non si sarebbero evoluti insieme alle altre forme di vita del pianeta Terra. Come egli stesso afferma nel suo libro, il lavoro si basa sulle evidenze scientifiche circa le differenze fisiologiche tra gli esseri umani e gli altri animali.
Mentre il pianeta Terra sembra soddisfare a pieno le esigenze degli esseri viventi, gli esseri umani, in alcuni casi, sembrano essere dei disadattati, in quanto soffrono di alcuni ‘difetti’ che rivelano che essi non ‘sono di questo mondo’.
Come spiega l’articolo comparso su Yahoo News, presumibilmente, l’umanità è la specie più evoluta del pianeta, eppure è sorprendentemente inadatta e mal equipaggiata per l’ambiente terrestre: il sole provoca delle scottature sulla sua pelle, per esempio; inoltre, il fatto che soffra di mal di schiena sembra mostrare che l’uomo sia stato concepito in un ambiente a gravità più bassa; come spiegare, poi, le difficoltà che incontrano le femmine umane nel parto? E’ strano che le teste dei neonati siano così grandi, rendendo difficile il parto, fino a provocare la morte della madre e del bambino. Ed infine, perchè siamo afflitti da malattie croniche?
Secondo Silver, nessuna altra specie autoctona del pianeta Terra ha questo tipo di problemi. “La Terra è in grado di soddisfare le nostre esigenze in quanto specie, ma forse non in maniera così efficace come aveva pensato chi ci ha portato qui”, spiega l’ecologo. “Le lucertole possono rimanere al sole tutto il tempo che vogliono. Se noi ci esponiamo al sole per un’intera giornata, il giorno dopo siamo coperti di scottature. Inoltre, veniamo abbagliati dalla luce del sole, fenomeno che la maggior parte degli animali non sperimenta”.
Inoltre, sembra che gli esseri umani siano sempre affetti da un qualche tipo di malattia. “Siamo tutti malati cronici”, spiega Silver. “Infatti, è pressoché impossibile trovare una persona che è al 100% della sua forma e in perfetta sanità fisica. Credo che molti dei nostri problemi derivino dal semplice fatto che i nostri orologi biologici interni si sono evoluti per una giornata di 25 ore (come dimostrato dai ricercatori del sonno), mentre il giorno terrestre della Terra dura solo 24 ore”.
In più c’è una quella curiosa sensazione prevalente avvertita da molte persone, le quali sentono di non appartenere a questo posto o che semplicemente “c’è qualcosa che non va”.
“Tutto ciò suggerisce, almeno per me, che l’umanità potrebbe essersi evoluta su un altro pianeta e che potrebbe essere stata portata qui come una specie già altamente sviluppata, tra i 60 mila e i 200 mila anni fa”, continua Silver. “Una delle ipotesi che avanzo nel libro è che la Terra potrebbe essere un pianeta-prigione, in quanto sembra che siamo una specie naturalmente violenta. Forse resteremo qui fino a quando non impareremo a comportarci meglio”.
Ellis Silver spera che il suo libro possa aprire un dibattito, in modo da ispirare più persone a cercare prove ulteriori rispetto alla sua ipotesi. “Il libro è stato pubblicato principalmente per valutare la reazione dei lettori e provocarne il pensiero, in particolare tra coloro che non avevano mai considerato tale possibilità”.
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