La somiglianza con Harrison Ford, alias Indiana Jones, è straordinaria anche se, quando glielo si fa notare per l'ennesima volta, lui risponde: «Sì, ma anche con Patrick Swayze (il protagonista di Ghost, scomparso nel 2009, ndr)».
Paolo Nespoli è uno dei 6 italiani che ha coronato il sogno di volare nello Spazio. Un'astronauta, insomma. «Era il mio chiodo fisso fin da bambino e sono riuscito a realizzarlo, anche se non più giovanissimo, dopo aver ripreso gli studi, essermi laureato in ingegneria e aver dovuto imparare l'inglese a tempo di record», spiega guardando il cielo terso di Mykonos, l'isoletta greca dove l'abbiamo incontrato in occasione di un evento speciale.
Il discorso scivola subito sulle due esperienze in orbita: la prima, nel 2007, 16 anni dopo essere stato assunto dall'Esa (l'Agenzia spaziale europea), di 15 giorni, con lo Space Shuttle Discovery; la seconda, nel 2010, con la Sojuz Tma-20, rimanendo per 6 mesi sulla Stazione spaziale internazionale. Una sola delusione: aver mancato, per varie circostanze, la passeggiata nell'infinito. Sarà per la prossima missione.
Domanda d'obbligo: ma lei crede ai «marziani»? Ha notato qualcosa di strano lassù? Avete captato qualche segnale radio? «Mai visto cose strane o sentito segnali - risponde Nespoli - ma negli extra-terrestri ci credo».
Il discorso scivola subito sulle due esperienze in orbita: la prima, nel 2007, 16 anni dopo essere stato assunto dall'Esa (l'Agenzia spaziale europea), di 15 giorni, con lo Space Shuttle Discovery; la seconda, nel 2010, con la Sojuz Tma-20, rimanendo per 6 mesi sulla Stazione spaziale internazionale. Una sola delusione: aver mancato, per varie circostanze, la passeggiata nell'infinito. Sarà per la prossima missione.
Domanda d'obbligo: ma lei crede ai «marziani»? Ha notato qualcosa di strano lassù? Avete captato qualche segnale radio? «Mai visto cose strane o sentito segnali - risponde Nespoli - ma negli extra-terrestri ci credo».
Ci dica, ci dica, allora.
«Da qualche parte nell'Universo una qualche forma di vita ci deve pur essere. Provi a raccogliere un mucchietto di sabbia dalla spiaggia e si metta a contare i granellini. Ecco: per approssimarsi al numero dei pianeti dell'Universo si dovrebbero contare tutti i granelli di sabbia di tutte le spiagge del mondo. È mai possibile, a questo punto, che in questa enormità non ci siano forme di vita come la nostra? Io sono convinto di sì».
Già, ma come è possibile scoprirle?
«Il problema è rappresentato dalle distanze. La stella più vicina al nostro sistema solare si chiama Proxima Centauri e dista dalla Terra 4,2 anni luce».
Quanto ci si impiegherebbe per raggiungerla?
«Con le navicelle di oggi 162.000 anni per l'andata e altrettanti per il ritorno. Ecco perché si parla di distanze astronomiche. Se degli extra-terrestri in questo momento si affacciassero sulla nostra galassia, vedrebbe il posto in cui ci troviamo 23.000 anni fa, quanto ci mette la luce a raggiungere il bordo della galassia. E questa è una distanza astronomica minima, un cucchiaio d'acqua nell'oceano».
Quindi?
«Una volta risolto, e non so quando, il problema delle distanze, si arriverà forse a trovare nuove forme di vita».
Da Et passiamo alla fede: da lassù ci si sente più vicini a Dio? Ci ha mai pensato?
«Andare nello Spazio amplifica o giustifica le varie credenze. Ma lo Spazio normalmente non ci dá una risposta. Diciamo, piuttosto, che si consolidano le convinzioni di ognuno».
Ha visto il film Gravity?
«Un film molto bello dal punto di vista tecnico, lasciamo però perdere la trama».
Una trama drammatica, visto che George Clooney alla fine si perde nello Spazio. E lei, in orbita, ha mai avuto paura?
«Guardi, ho avuto più paura durante gli addestramenti».
Perché?
«Il terrore di non farcela, di non riuscire a coronare il mio sogno. E questo nonostante alla partenza dello Shuttle si è sottoposti a una spinta incredibile. Sembra di trovarsi dentro una bomba atomica».
La Terra vista dall'alto?
«Ci si trova a 400 chilometri d'altezza e si gira a 28.000 chilometri orari. In una giornata si vivono 16 albe e 16 tramonti. E hai solo qualche secondo per scattare una foto, per esempio, all'Italia».
Uno spettacolo, presumo.
«Già, ma anche la sensazione di grande fragilità della Terra: una palla in equilibrio precario su uno spillo. Basta guardare lo strato dell'atmosfera: sembra una nebbiolina pronta a dissolversi. E poi vedi quello che l'uomo è riuscito a combinare: fuochi, cave, disboscamenti, fiumi dal corso deviato, isole artificiali. Ma anche lo smog, soprattutto sopra le megalopoli. Si è voluto costringere la natura ad adattarsi a noi. Che sbaglio...».
Chi porterebbe a vedere tutto questo?
«Sono contento che lo Spazio si aprirà ai turisti. E renderei quasi obbligatorio ai governanti partecipare a un viaggio in orbita. Sarebbero molto più oculati nelle loro decisioni».
E l'Italia?
«È bellissima. Si trova a 45 gradi di latitudine. Se fosse un po' più sotto sarebbe nel deserto, un po' più sopra un Paese nordico. La posizione - circondata dal mare - e le condizioni atmosferiche - è protetta dalle Alpi - spiegano il suo retaggio storico importante. Ma c'è un particolare: è il Paese più illuminato d'Europa, anche perché la sua densità di popolazione supera quella della Francia e della Germania. Se un extra-terrestre la notasse, riterrebbe si tratti di un Paese ricchissimo. Tutte quelle luci farebbero pensare a immense risorse energetiche, dal petrolio alle centrali nucleari. Invece, non è così. Disperdiamo energia senza renderci conto che sprechiamo risorse che non abbiamo, che costano e che riscaldano il pianeta»
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